NACHTWACHE
"A che punto è la notte, sentinella?"
"Ho sentito il gufo ripetere
La sua concava notte presaga,
Stridere il pipistrello alla sua caccia,
La biscia d'acqua frusciare
Sotto le foglie fradice dello stagno.
Ho sentito voci vinose,
Impedite, iraconde, sonnolente
Dalla bettola presso la cappella.
Ho sentito bisbigli di amanti
Risa e rantoli di voglie assolte;
Adolescenti mormorare in sogno,
Altri volgersi insonni per desiderio.
Ho visto lampi muti di calore,
Ho visto lo spavento di ogni sera
Della ragazza che ha smarrito il senno
E non distinguere il letto dalla bara.
Ho sentito l'ansito rauco
Di un vecchio solo che contesta la morte,
Lacerarsi una partoriente,
Il pianto di un bambino appena nato,
Stenditi e prendi sonno, cittadino,
E' tutto in ordine; questa notte è al suo mezzo".
Primo Levi
"Ad ora incerta"
domenica 27 gennaio 2008
venerdì 25 gennaio 2008
giovedì 24 gennaio 2008
Silenzio
Non ho parole difronte allo spettacolo ripugnante che accompagna la crisi di governo.
E' lo spettacolo indegno che l'Italia offre, ogni giorno, a chi la scruti con occhi attenti.
Vale ancora qualcosa dirsi disgustati?
Forse è meglio cercarsi un'altra patria.
E' lo spettacolo indegno che l'Italia offre, ogni giorno, a chi la scruti con occhi attenti.
Vale ancora qualcosa dirsi disgustati?
Forse è meglio cercarsi un'altra patria.
martedì 15 gennaio 2008
Quarant'anni fa, il Belice
Quarant´anni fa, nella notte tra il 14 e il 15 gennaio 1968, un terremoto tra i peggiori che la storia italiana ricordi devastò la valle del Belice.
Belice, nella memoria storica degli italiani, è sinonimo di corruzione, mafia, inefficienza dello stato.
Baracche di lamiera e miseria nera finirono in prima pagina sui giornali e sulle tv del mondo, scatenando gare di solidarietà e indignazione.
Tra i più indignati, l'intellettuale nonviolento Danilo Dolci che evidenziò lo stretto rapporto tra Democrazia Cristiana siciliana e mafia.
I miliardi stanziati per la ricostruzione (che non fu mai iniziata, al punto che ancor oggi alcune famiglie abitano quelle baracche di lamiera) sparirono.
Una pagina della nostra storia collettiva che molti vorrebbero cancellare dai ricordi. Perché scomoda. E poi, basta con questa mafia (chi ricorda il cardinale Ruffini e le sue massime?).
Per noi che non ci stanchiamo mai di ricordare, la trasmissione Fahrenheit di Radio3 Rai dedicherà la puntata di questa sera alla tragedia ed al lungo e travagliato percorso della ricostruzione.
Io, più semplicemente, riporto un articolo del giornalista dell'Ora di Palermo, Mario Farinella, corso tra i primi sul luogo del terremoto.
Viaggio nel Belice fra dramma e pietà
di Mario Farinella
giornalista del quotidiano palermitano "L'Ora"
Sono ancora sulla via del ritorno e già tutto appare labile, ondeggiante, e riesce faticoso ricollocare nella realtà le tremende e disperate immagini che chilometro dopo chilometro mi lascio dietro chiedendo a me stesso fino a qual punto possano giungere la pietà e la collera. Un viaggio di otto ore che già appare lontanissimo e fuori da ogni dimensione. Eravamo partiti stamane con l´autocolonna apprestata dal nostro giornale: tre camion carichi di pane, latte e coperte. Volevamo raggiungere i paesi devastati attraverso la strada di montagna che arrampicandosi per Corleone scende poi verso l´Agrigentino.
Entrando in ogni paese, anche in quelli più lontani dall´epicentro, sentivamo di inoltrarci dentro il cuore gelato e impazzito di intere popolazioni: deserta Corleone, quasi abbandonata Campofiorito.
Distante, gettata in fondo a una strada tortuosa e sconvolta Contessa Entellina che ha avuto la sua vittima e se ne sta ora rannicchiata nel suo terrore; Chiusa Sclafani, Giuliana, livide con la neve ammucchiata ai bordi delle strade. Ma la prima vera sensazione di tragedia, oltre che consumata, tuttora incombente, la si avverte nel vasto e desolato pianoro di Misilbesi, da dove si dipartono le strade che portano a Menfi e a Sciacca da una parte e, dall´altra, a Santa Margherita e su, poi, verso la distrutta Montevago.
È su questo pianoro che si arrestano tutti i camion dei soccorsi indecisi sulla direzione da imboccare e le centinaia di auto che giungono da ogni parte della Sicilia, dell´Italia e dell´estero piene di gente che vuol tornare ai paesi.
Lo spiazzo è presidiato dalla polizia stradale che agita la sua paletta per dare via libera, l´agente posto al centro del crocevia avverte i viaggiatori del pericolo cui vanno incontro inoltrandosi verso le zone terremotate, ma nessuno torna indietro.
Vedremo, man mano che andremo avanti nel nostro viaggio, come ci sia un dramma, ignorato fin´ora, nell´ambito della più grande tragedia: il dramma delle popolazioni che, anche se non colpite o appena sfiorate dal sisma, vagano prive di tutto per le campagne o formano raggruppamenti lungo le strade senza speranza di trovar cibo e indumenti, completamente ignorati dalle colonne di soccorso che sfrecciano dinanzi ai loro occhi dirette verso la meta funesta che è Santa Margherita.
E a Santa Margherita siamo arrivati anche noi o, meglio, la nostra auto e due camion; il terzo autocarro non si è fermato: forse perché il camionista ci ha perso di vista, forse perché terrorizzato da quel primo agghiacciante spettacolo di rovine. Fatto si è che ha filato dritto verso Montevago, ignorando forse di andare incontro ad uno scenario ancora più atroce (...). Lo blocchiamo quasi alle porte di Menfi. Al camionista chiediamo spiegazioni del suo comportamento
«Sono arrivato a Montevago - si giustifica - e il prefetto mi ha detto che non hanno bisogno di viveri...». Balbetta, ha gli occhi sbarrati. Fermi su una grande pianura battuta da un vento gelido, guadiamo Menfi lontana e, oltre Menfi, una striscia di piombo: il mare. Non c´è anima viva tutt´intorno e stiamo per tornare indietro con l´automezzo riconquistato, ma improvvisamente ci troviamo circondati da dieci, venti, cento uomini. Da dove sbucano? Non ci sono case né anfratti tutt´intorno. E ora emergono dalla foschia anche donne e bambini: avanzano prima circospetti, poi sempre più audaci nella loro manovra di accerchiamento.
«Non mangiamo da quattro giorni».
«I camion non si fermano».
«Nessuno pensa a noi».
«Abbiamo pur diritto ad un pezzo di pane».
È gente di Menfi che ha abbandonato il paese ai primi crolli e non vuole tornare. Vuole il nostro pane e il nostro latte. Cominciamo a scaricare. Appena hanno in mano una pagnotta l´addentano con rabbia. La distribuzione dura un´ora e più. Quel che è rimasto lo portiamo alla scuola di Menfi dove le autorità rinserrano i pochi viveri esistenti e subito viene ordinata la chiusura dei cancelli. Come guidata dall´odore del pane, una folla crescente s´avvicina alle sbarre, preme e protesta: vuole mangiare e subito. Da Menfi torniamo a Santa Margherita dove attendono gli altri due camion della colonna. Vice prefetto e funzionari spariti, il sindaco sempre introvabile. «C´è Nenni - ci dicono - sono con Nenni». Un tale ci guarda e sorride: avvolto in un grosso cappotto sdrucito, più che pallido giallo, spettrale, sporco di polvere, con la barba ispida. Ma sì, è lui, il corrispondente del nostro giornale, il ragionier Lo Iacono: «Non ho potuto telefonare, qui non funziona niente. Spero che sarò scusato». Così dice mestamente porgendoci la mano: «Ho perduto tutto, la casa è crollata, non ho più niente e muoio di freddo» (...).
Lo Stato, la Sicilia ufficiale stanno a guardare. Non c´è un automezzo che porti lo stemma della Repubblica, niente che stia a significare la presenza della Regione autonoma. Soltanto stamattina, a Santa Margherita, è cominciata a spuntare qualche tenda, mentre ottomila persone s´aggirano notte e giorno alla mercé di se stesse.
Belice, nella memoria storica degli italiani, è sinonimo di corruzione, mafia, inefficienza dello stato.
Baracche di lamiera e miseria nera finirono in prima pagina sui giornali e sulle tv del mondo, scatenando gare di solidarietà e indignazione.
Tra i più indignati, l'intellettuale nonviolento Danilo Dolci che evidenziò lo stretto rapporto tra Democrazia Cristiana siciliana e mafia.
I miliardi stanziati per la ricostruzione (che non fu mai iniziata, al punto che ancor oggi alcune famiglie abitano quelle baracche di lamiera) sparirono.
Una pagina della nostra storia collettiva che molti vorrebbero cancellare dai ricordi. Perché scomoda. E poi, basta con questa mafia (chi ricorda il cardinale Ruffini e le sue massime?).
Per noi che non ci stanchiamo mai di ricordare, la trasmissione Fahrenheit di Radio3 Rai dedicherà la puntata di questa sera alla tragedia ed al lungo e travagliato percorso della ricostruzione.
Io, più semplicemente, riporto un articolo del giornalista dell'Ora di Palermo, Mario Farinella, corso tra i primi sul luogo del terremoto.
Viaggio nel Belice fra dramma e pietà
di Mario Farinella
giornalista del quotidiano palermitano "L'Ora"
Sono ancora sulla via del ritorno e già tutto appare labile, ondeggiante, e riesce faticoso ricollocare nella realtà le tremende e disperate immagini che chilometro dopo chilometro mi lascio dietro chiedendo a me stesso fino a qual punto possano giungere la pietà e la collera. Un viaggio di otto ore che già appare lontanissimo e fuori da ogni dimensione. Eravamo partiti stamane con l´autocolonna apprestata dal nostro giornale: tre camion carichi di pane, latte e coperte. Volevamo raggiungere i paesi devastati attraverso la strada di montagna che arrampicandosi per Corleone scende poi verso l´Agrigentino.
Entrando in ogni paese, anche in quelli più lontani dall´epicentro, sentivamo di inoltrarci dentro il cuore gelato e impazzito di intere popolazioni: deserta Corleone, quasi abbandonata Campofiorito.
Distante, gettata in fondo a una strada tortuosa e sconvolta Contessa Entellina che ha avuto la sua vittima e se ne sta ora rannicchiata nel suo terrore; Chiusa Sclafani, Giuliana, livide con la neve ammucchiata ai bordi delle strade. Ma la prima vera sensazione di tragedia, oltre che consumata, tuttora incombente, la si avverte nel vasto e desolato pianoro di Misilbesi, da dove si dipartono le strade che portano a Menfi e a Sciacca da una parte e, dall´altra, a Santa Margherita e su, poi, verso la distrutta Montevago.
È su questo pianoro che si arrestano tutti i camion dei soccorsi indecisi sulla direzione da imboccare e le centinaia di auto che giungono da ogni parte della Sicilia, dell´Italia e dell´estero piene di gente che vuol tornare ai paesi.
Lo spiazzo è presidiato dalla polizia stradale che agita la sua paletta per dare via libera, l´agente posto al centro del crocevia avverte i viaggiatori del pericolo cui vanno incontro inoltrandosi verso le zone terremotate, ma nessuno torna indietro.
Vedremo, man mano che andremo avanti nel nostro viaggio, come ci sia un dramma, ignorato fin´ora, nell´ambito della più grande tragedia: il dramma delle popolazioni che, anche se non colpite o appena sfiorate dal sisma, vagano prive di tutto per le campagne o formano raggruppamenti lungo le strade senza speranza di trovar cibo e indumenti, completamente ignorati dalle colonne di soccorso che sfrecciano dinanzi ai loro occhi dirette verso la meta funesta che è Santa Margherita.
E a Santa Margherita siamo arrivati anche noi o, meglio, la nostra auto e due camion; il terzo autocarro non si è fermato: forse perché il camionista ci ha perso di vista, forse perché terrorizzato da quel primo agghiacciante spettacolo di rovine. Fatto si è che ha filato dritto verso Montevago, ignorando forse di andare incontro ad uno scenario ancora più atroce (...). Lo blocchiamo quasi alle porte di Menfi. Al camionista chiediamo spiegazioni del suo comportamento
«Sono arrivato a Montevago - si giustifica - e il prefetto mi ha detto che non hanno bisogno di viveri...». Balbetta, ha gli occhi sbarrati. Fermi su una grande pianura battuta da un vento gelido, guadiamo Menfi lontana e, oltre Menfi, una striscia di piombo: il mare. Non c´è anima viva tutt´intorno e stiamo per tornare indietro con l´automezzo riconquistato, ma improvvisamente ci troviamo circondati da dieci, venti, cento uomini. Da dove sbucano? Non ci sono case né anfratti tutt´intorno. E ora emergono dalla foschia anche donne e bambini: avanzano prima circospetti, poi sempre più audaci nella loro manovra di accerchiamento.
«Non mangiamo da quattro giorni».
«I camion non si fermano».
«Nessuno pensa a noi».
«Abbiamo pur diritto ad un pezzo di pane».
È gente di Menfi che ha abbandonato il paese ai primi crolli e non vuole tornare. Vuole il nostro pane e il nostro latte. Cominciamo a scaricare. Appena hanno in mano una pagnotta l´addentano con rabbia. La distribuzione dura un´ora e più. Quel che è rimasto lo portiamo alla scuola di Menfi dove le autorità rinserrano i pochi viveri esistenti e subito viene ordinata la chiusura dei cancelli. Come guidata dall´odore del pane, una folla crescente s´avvicina alle sbarre, preme e protesta: vuole mangiare e subito. Da Menfi torniamo a Santa Margherita dove attendono gli altri due camion della colonna. Vice prefetto e funzionari spariti, il sindaco sempre introvabile. «C´è Nenni - ci dicono - sono con Nenni». Un tale ci guarda e sorride: avvolto in un grosso cappotto sdrucito, più che pallido giallo, spettrale, sporco di polvere, con la barba ispida. Ma sì, è lui, il corrispondente del nostro giornale, il ragionier Lo Iacono: «Non ho potuto telefonare, qui non funziona niente. Spero che sarò scusato». Così dice mestamente porgendoci la mano: «Ho perduto tutto, la casa è crollata, non ho più niente e muoio di freddo» (...).
Lo Stato, la Sicilia ufficiale stanno a guardare. Non c´è un automezzo che porti lo stemma della Repubblica, niente che stia a significare la presenza della Regione autonoma. Soltanto stamattina, a Santa Margherita, è cominciata a spuntare qualche tenda, mentre ottomila persone s´aggirano notte e giorno alla mercé di se stesse.
lunedì 14 gennaio 2008
Il risveglio della ragione laica
Ha la data del 10 gennaio 2008 in calce la petizione/appello che 67 docenti dell'università "La Sapienza" di Roma hanno inviato al Rettore. Oggetto: l'inaugurazione dell'anno accademico che quest'anno è stata affidata al papa.
A far scattare le proteste (ed anche una manifestazione anticlericale), la nota passione per la santa inquisizione di Benedetto XVI. Tra le cose che non vanno giù agli scienziati in cattedra alla Sapienza ce n’è una in particolare. «Il 15 marzo 1990 – ricordano nella lettera – ancora cardinale, in un discorso nella città di Parma, Joseph Ratzinger ha ripreso un'affermazione di Feyerabend: “All'epoca di Galileo la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo. Il processo contro Galileo fu ragionevole e giusto”. Sono parole – sottolineano i professori – che, in quanto scienziati fedeli alla ragione e in quanto docenti che dedicano la loro vita all'avanzamento e alla diffusione delle conoscenze, ci offendono e ci umiliano».
E concludono: «In nome della laicità della scienza e della cultura, e nel rispetto di questo nostro ateneo aperto a docenti e studenti di ogni credo e di ogni ideologia, auspichiamo che l'incongruo evento possa ancora essere annullato».
La lettera al Rettore ha scatenato commenti, la gran parte dei quali superficiali e pretestuosi.
Ma il problema dell'intromissione del Vaticano nella vita laica dei cittadini italiani non è un'invenzione degli anticlericali nostrani. E' una realtà con la quale la politica combatte dalla breccia di Porta Pia.
In molti, laici e credenti, aspettiamo una legge sulla famiglia di fatto. E mentre aspettiamo, il papa torna sull'abolizione della legge sull'aborto.
Tanto per gradire...
E il Vaticano, direte voi, il Vaticano, cosa ha risposto all'appello dei 67 della Sapienza?
Ha parlato con la voce di Radio Vaticana che ha ricordato come La sapienza «proprio da un Papa è stata fondata, Bonifacio VIII nel 1303».
Che, detta così sembra una minaccia.
Che vogliano riprendersela indietro?
E concludono: «In nome della laicità della scienza e della cultura, e nel rispetto di questo nostro ateneo aperto a docenti e studenti di ogni credo e di ogni ideologia, auspichiamo che l'incongruo evento possa ancora essere annullato».
La lettera al Rettore ha scatenato commenti, la gran parte dei quali superficiali e pretestuosi.
Ma il problema dell'intromissione del Vaticano nella vita laica dei cittadini italiani non è un'invenzione degli anticlericali nostrani. E' una realtà con la quale la politica combatte dalla breccia di Porta Pia.
In molti, laici e credenti, aspettiamo una legge sulla famiglia di fatto. E mentre aspettiamo, il papa torna sull'abolizione della legge sull'aborto.
Tanto per gradire...
E il Vaticano, direte voi, il Vaticano, cosa ha risposto all'appello dei 67 della Sapienza?
Ha parlato con la voce di Radio Vaticana che ha ricordato come La sapienza «proprio da un Papa è stata fondata, Bonifacio VIII nel 1303».
Che, detta così sembra una minaccia.
Che vogliano riprendersela indietro?
venerdì 11 gennaio 2008
A proposito di oscar e santermanità
Un redazionale di santeramolive.it torna sulla questione oscar della santermanità,cavallo di battaglia del programma culturale di Sindacolillo e oggetto di polemiche in Città ed in Consiglio.
Per meglio precisare la posizione del Gruppo Consiliare del PD e fugare equivoci ho inviato la seguente lettera alla Redazione.
Spett. Redazione,
una piccola precisazione in merito all' articolo sull'oscar della santermanità.
L'intero gruppo del PD in Consiglio ha votato contro. E le motivazioni sono molto più serie della contestazione del nome oscar.
Nelle tre riunioni della Commissione Cultura, più volte ho posto l'inadeguatezza del regolamento in discussione a rappresentare la Città intera, le sue ambizioni, la sua cultura internazionale, la sua storia nazionale, senza risultati. E chiesto un bando, sulla scia di quanto fatto da moltissime Città italiane. Alla fine, in Consiglio è stata portata la versione iniziale modificata in alcuni termini. Scontato, a questo punto, il voto contrario.
Un premio non può che essere dedicato alla Città di Santeramo ed ambire a rappresentare la cultura, il lavoro, l'ingegno e l'arte santermane nel mondo.
Rinchiuderlo, come è stato fatto ad arte, attorno a poche istanze cittadine significa mortificare Santeramo, non celebrarla.
Del resto, il regolamento votato a maggioranza definisce la santermanità come "una cultura universale"! Che mortificazione!
La superficialità con la quale questa amministrazione usa le parole non ha precedenti. Nemmeno Kant ha mai unito cultura ad universale.
Tutto ciò pensato in nome e per conto di Francesco Netti. Che deprecava la miopia culturale santermana e lo scriveva nelle sue lettere.
E, guardando al futuro, non si limitava al mugugno in piazza ma contaminava se stesso con l'arte moderna proveniente dalla nuova Italia e d'oltralpe.
Chissà a quanti santermani sono tornate alla memoria le parole di Francesco Netti all'amato amico Morelli.
Per meglio precisare la posizione del Gruppo Consiliare del PD e fugare equivoci ho inviato la seguente lettera alla Redazione.
Spett. Redazione,
una piccola precisazione in merito all' articolo sull'oscar della santermanità.
L'intero gruppo del PD in Consiglio ha votato contro. E le motivazioni sono molto più serie della contestazione del nome oscar.
Nelle tre riunioni della Commissione Cultura, più volte ho posto l'inadeguatezza del regolamento in discussione a rappresentare la Città intera, le sue ambizioni, la sua cultura internazionale, la sua storia nazionale, senza risultati. E chiesto un bando, sulla scia di quanto fatto da moltissime Città italiane. Alla fine, in Consiglio è stata portata la versione iniziale modificata in alcuni termini. Scontato, a questo punto, il voto contrario.
Un premio non può che essere dedicato alla Città di Santeramo ed ambire a rappresentare la cultura, il lavoro, l'ingegno e l'arte santermane nel mondo.
Rinchiuderlo, come è stato fatto ad arte, attorno a poche istanze cittadine significa mortificare Santeramo, non celebrarla.
Del resto, il regolamento votato a maggioranza definisce la santermanità come "una cultura universale"! Che mortificazione!
La superficialità con la quale questa amministrazione usa le parole non ha precedenti. Nemmeno Kant ha mai unito cultura ad universale.
Tutto ciò pensato in nome e per conto di Francesco Netti. Che deprecava la miopia culturale santermana e lo scriveva nelle sue lettere.
E, guardando al futuro, non si limitava al mugugno in piazza ma contaminava se stesso con l'arte moderna proveniente dalla nuova Italia e d'oltralpe.
Chissà a quanti santermani sono tornate alla memoria le parole di Francesco Netti all'amato amico Morelli.
mercoledì 9 gennaio 2008
Il Vangelo Secondo Matera” di Domenico Notarangelo
Sabato 12 gennaio ore 18.00
Mediateca Provinciale di Matera “A. Ribecco”
Palazzo dell’Annunziata – p.zza Vittorio Veneto
Sarà presentato sabato 12 gennaio il volume “Il Vangelo secondo Matera” di Domenico Notarangelo, edito da “Città del Sole Edizioni” in collaborazione con la Mediateca Provinciale di Matera “ A. Ribecco”.
Nel volume “Il Vangelo secondo Matera” Domenico Notarangelo racconta quell’esperienza che lo vide protagonista di un rapporto di amicizia e di collaborazione con Pier Paolo Pasolini, e lo fa con note cariche di orgoglio conservate lucidamente per quattro decenni, e che ora aggiungono nuovi particolari sul pensiero e sulla sensibilità del grande regista.
L’autore di questo libro propone anche una lettura nuova e ardita della città dei Sassi che ospitò le scene più importanti della passione, morte e resurrezione di Gesù, sostenendo a ragione che Matera si propose quarant’anni fa come una nuova Terra Santa, avendovi Pasolini trovato quel che aveva cercato invano in Palestina. Fra le grotte dei Sassi, invece, resisteva ancora la grandiosità del paesaggio biblico delle predicazioni di Cristo, c’erano anche la luce e i suoni di Gerusalemme, e soprattutto esistevano i volti fra i quali Gesù camminò e ai quali si rivolse duemila anni prima per predicare il nuovo verbo. Insomma, approdandovi per girare il suo “Vangelo”, Pasolini candidava Matera al nuovo ruolo di Terra Santa.
E infatti il suo film aprì la strada ad altri registi che nei decenni successivi arrivarono ad ambientarvi film sui temi biblici. Come Mel Gibson che quarant’anni dopo ha ricalcato le orme di Pasolini girando sugli stessi luoghi materani “The Passion”.
Notarangelo non c’era sul set del regista americano, non volle esserci per scelta, forse per non contaminare la purezza e l’intensità della memoria che aveva custodito nell’anima per così lungo tempo. Ha preferito raccogliere la testimonianza di quell’esperienza dalla voce di suo figlio Antonio che collaborò con Gibson. E dalle foto scattate dal figlio e dai collaboratori della Blu Video ne ha scelto alcune per accostarle in questo libro alle sue del 1964: non per accendere paragoni o per marcare le differenze, ma per datare due epoche molto diverse fra loro.
Interverranno:
Emilio Nicola BUCCICO Sindaco di Matera
Filippo BUBBICO Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico
Giampaolo Vittorio D'ANDREA Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali
Maria ANTEZZA Presedente del Consiglio Regionale di Basilicata
Vincenzo FOLINO Assessore della Giunta regionale di Basilicata
Carmine NIGRO Presidente della Provincia di Matera
Vincenzo MALFA Direttore della Mediateca Provinciale di Matera
Antonello TOLVE Docente Università di Salerno
Alfonso AMENDOLA Docente Università di Salerno
Franco ARCIDIACO Editore
Domenico NOTARANGELO Autore
Rocco BRANCATI moderatore
Testo, foto e fonte: www.sassilive.it
martedì 8 gennaio 2008
Torna la Stagione di Prosa
Domenica prossima andrà in scena la prima di nove rappresentazioni teatrali della Stagione di Prosa 2008. Frutto dell'infaticabile lavoro della Compagnia Teatro della Murgia, la novità più eclatante è l'assenza del Comune di Santeramo che, dopo cinque anni, ha deciso di non sostenere lo sforzo culturale (ed economico) di un cartellone teatrale.
Bontà sua.
Molte le proteste (ma devo essere sincero: invece di rappresentarle a me, sarebbe il caso di farle ad alta voce o sulla carta stampata libera...). Ma, si sa, per Sindacolillo la cultura è una perdita di tempo e fa diventare ciechi.
Timore che non ha colto il Presidente della Banca di Credito Cooperativo
della nostra Città che ha deciso di sostenere la rassegna.
Altra pasta d'uomo, non c'è dubbio.
Perchè non andasse persa una bellissima abitudine, quella della domenica pomeriggio a teatro, la Compagnia Teatro della Murgia ha sfoderato le unghie e messo su un cartellone interessante che va dalla tradizione comica a quella musicale, passando per il giallo. E la prima assoluta del nuovo lavoro di Donato Bitetti, "Chi se nefr", che propone una riflessione amara sul mondo d'oggi ed i suoi valori effimeri.
Un palcoscenico, quello amatoriale, che propone sempre più spesso lavori di qualità, fucina di talenti e terreno fertile alla diffusione della passione per il teatro, compreso quello con la T maiuscola.
Ed il merito è tutto del gruppo santermano che da un quarto di secolo promuove il teatro con passione e competenza.
Si comincia domenica, sipario alle ore 18.30, con la compagnia di Carosino CicciTisanta.
Sarà una splendida avventura.
Il programma completo è sul sito del Piccolo Teatro Murgia, http://xoomer.alice.it/piccoloteatromurgia
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